Osservando l’impianto presentato da Stefano Tramonte nel 1964 (1), si può apprezzare la sua diversità rispetto alle tipologie implantari fino ad allora proposte (2) (fig. 1). Attraverso l’introduzione di questa vite il titanio cominciò ad essere usato in implantologia (3), facilitando in questo modo la realizzazione di tutti gli impianti successivi (4).
Tramonte aveva dapprima utilizzato (1959) viti fuse in cromo-cobalto (5, 6) (fig. 2), snellendone il profilo ed affilandone le spire in modo che fossero più taglienti di quelle che i fratelli Strock, a Boston, avevano sperimentato vent’anni prima (7).
Provviste di un solido moncone protesico, che proseguiva in un robusto nucleo fornito di spire elicoidali cilindriche e taglienti, le viti potevano essere subito protesizzate senza necessità di attendere il completamento dell’osteogenesi riparativa.
La vite autofilettante di Tramonte è una tra le più importanti realizzazioni implantoprotesiche degli anni Sessanta (figg. 3 e 4) e, evolutasi nel tempo, è rimasta anche attualmente un valido presidio implantare (8). Permette, nonostante richieda una difficoltà chirurgica superiore rispetto ad altre tipologie riabilitative, di eseguire:
- interventi quasi incruenti che spesso possono essere eseguiti a cielo coperto (flapless);
- una stabilità primaria che consente l’esecuzione di un’immediata protesizzazione provvisoria e successiva definitiva senza attese di una più tardiva osteostabilizzazione per osteogenesi riparativa (osteointegrazione);
- grande resistenza ai carichi occlusali ai quali oppongono, oltre al braccio di leva della profondità, anche la dispersione delle sollecitazioni lungo gli ampi piani orizzontali delle spire;
- trasferimento dei carichi occlusali nelle profondità dell’osso trabecolare, preservando così la cresta da carichi anomali e i conseguenti riassorbimenti orizzontali che possono derivarne (9);
- possibilità, a posizionamento avvenuto, di procedere alla loro parallelizzazione, per piegatura del moncone, direttamente in bocca e quindi alla loro preparazione con fresa al carburo di tungsteno >e applicazione di un provvisorio immediato; a 60 giorni, ad osteointegrazione verificata, si potrà sostituire il provvisorio e realizzare la protesi definitiva;
- il più lungo periodo di controllo nel tempo che possa offrire qualsiasi altro impianto attuale, compreso l’impianto a lama (10, 11, 12), dato che le viti di Tramonte sono state utilizzate in più di mezzo secolo da centinaia di stomatologi.