Discussione e conclusioni
Alla luce dei risultati clinici riportati ed evidenziabili anche dal materiale fotografico è possibile affermare che: in caso di agenesie dei settori mascellari, considerando spesso la scarsa qualità dell’osso che si forma in queste determinate zone, l’utilizzo di impianti one-piece, pur di dimensioni sottili, consente il raggiungimento di buoni risultati terapeutici (17-18). Normalmente gli impianti “standard” bifasici possiedono un diametro minimo di 3.0 mm, tuttavia se si considerano le direttrici date da vari studi la minima quantità di osso presente attorno ad un impianto deve essere almeno di 1,00 mm imponendo così la necessità di circa 5 mm di spessore osseo tra incisivo centrale e canino, condizione estremamente complessa da ottenere visti gli scarsi spazi che si ottengono con i trattamenti ortodontici. Ragione per la quale oltre all’implantologia italiana anche quella standard internazionale riconosce che l’inserimento di impianti di esigue dimensioni non solo preserva l’osso alveolare dalla suo fisiologico riassorbimento, ma aiuta ad ottenere migliori risultati estetici e funzionali (19-20). La condizione principale è che gli impianti monofasici di Scuola Italiana raggiungano una stabilità primaria immediata data dal bicorticalismo e/o dal contatto con le corticali interne e/o esterne dei mascellari. Molteplici sono gli autori che riconoscono la difficoltà di trattare il fronte estetico: per l’implantologo risulta complicato l’inserimento dell’impianto in caso di spazi ossei ridotti, con la tecnica da noi proposta ciò viene semplificato grazie all’uso di impianti sottili monofasici, i quali, una volta parallelizzati direttamente in bocca, permettono una estetica delle mucose duratura (21). Questi impianti possono essere inseriti inclinati per coprire la maggior superficie ossea disponibile e, date le caratteristiche del titanio con cui sono costruiti (grado 2) (22) danno la possibilità all’operatore di eseguire il parallelismo con i denti contigui ancora in bocca, con una piegatura manuale e permettere, subito al termine dell’intervento, l’inserimento diretto di un provvisorio in resina acrilica nel rispetto dell’anatomia della zona del colletto. Inoltre la tecnica ortodontica consente di ottenere, senza fatica, la distalizzazione degli elementi dentali pur sempre controllandone il torque, componente fondamentale per ottenere a livello radicolare lo spazio necessario alla collocazione degli impianti (23, 24, 25). Da evidenziare l’importanza della collaborazione del paziente in questo tipo di trattamento poiché se gli allineatori vengono portati meno di 22 ore al giorno diminuisce esponenzialmente la loro efficacia. I pazienti percepiscono il futuro miglioramento estetico durante la terapia ortodontica grazie all’inserimento di alcuni elementi in resina composita (Pontic) negli spazi vuoti dell’allineatore della zona edentula dove, dopo l’ottenimento dello spazio, verranno inseriti gli impianti. Inoltre dopo l’inserimento delle corone definitive è fondamentale mantenere i risultati ottenuti, ragione per la quale si forniscono gli appositi retainer o mascherine di contenzione (Vivera), i quali vanno indossati per i primi 6 mesi tutte le notti, a partire dal sesto mese è possibile diminuire riducendo a 3 giorni alla settimana per poi scendere in maniera graduale fino ad una notte ogni 10 giorni. Questa riduzione progressiva garantisce la stabilità del risultato nel tempo (26). La tecnica dell’implantologia a carico immediato con impianti di diametro sottile è particolarmente indicata nelle monoedentulie agenetiche, specialmente quando le condizioni estetiche impongano il pronto intervento terapeutico. Allorquando si procede con tale programmazione clinica è necessario però tenere in debita considerazione alcune caratteristiche dei denti frontali (incisivi centrali, laterali e canini) poiché questi presentano un’inclinazione diversa rispetto a quella di premolari e molari (27). Le sollecitazioni occlusali, infatti, non sono coassiali all’asse maggiore delle radici, ma generano forze trasversali; quelle di premolari e molari producono forze che si disperdono lungo l’asse maggiore delle radici. È questa la ragione per cui i “denti frontali” non devono avere contatti nell’occlusione statica fisiologica, ma devono soltanto sfiorarsi. In caso contrario verrebbero gravemente danneggiati durante la fase terminale della deglutizione (sovraocclusione) dalle forze trasversali non coassiali all’asse maggiore delle radici. Per questo motivo anche le corone protesiche posizionate su impianti frontali, così come i corrispondenti denti naturali, non devono avere contatti statici: devono solo sfiorarsi e guidare, dopo il completamento dell’osteogenesi, i movimenti dinamici (28). L’importanza della correttezza dell’occlusione trova riscontro nella durata della riabilitazione implantare. Purtroppo, spesso il fallimento degli impianti viene, invece, addebitato a cause microbiche, a patologie sistemiche, a igiene inadeguata e/o tabagismo (29).